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Il Politecnico di Milano alla 7^ edizione di “CFC - Climbing For Climate”

Il Politecnico di Milano ha partecipato alla settima edizione di "CFC – Climbing for Climate", evento organizzato dalla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile - RUS, il 6 e 7 settembre 2025.

Data di pubblicazione

Nei giorni 6 e 7 settembre 2025, si è svolta la settima edizione di “CFC – Climbing for Climate”, l’iniziativa promossa dalla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile - RUS.
Organizzata dall'Università degli Studi di Brescia e dalle Università della RUS Piemonte, in collaborazione con il Club Alpino Italiano (CAI) e il Comitato Glaciologico Italiano (CGI) e numerosi partner a livello nazionale e locale, l’evento ha visto quale scenario il distretto di Alagna Valsesia e del massiccio del Monte Rosa.
Nella giornata di sabato 6/09 il gruppo, di una trentina di partecipanti, si è impegnato in una marcia alla scoperta dei territori e delle comunità, raggiungendo il villaggio Walser di Otro in occasione dei festeggiamenti per i suoi 1000 anni. In rappresentanza del Politecnico di Milano il Prof. Mario Grosso, Delegato della Rettrice ai Rapporti con le reti delle università sostenibili, ed Eleonora Perotto, coordinatrice del gruppo di lavoro Risorse e Rifiuti della RUS. Nella giornata di domenica 7/09 i delegati RUS hanno raggiunto in funivia il Ghiacciaio di Indren, affiancati dalle Guide del CAI, dalle Guide Alpine del Monte Rosa e dagli operatori del Comitato Glaciologico Italiano.
Focus dell’edizione 2025 lo stato dei ghiacciai sofferenti e la resilienza delle comunità alpine nell’epoca dei cambiamenti climatici, con il duplice obiettivo, da una parte, di far conoscere la rapidità e drammaticità della fusione dei ghiacciai del Monte Rosa, dall’altra, di lanciare un’alleanza per “un’altra montagna” che non può più rappresentare unicamente la destinazione per la pratica dell’alpinismo e dello sci. 
La Valsesia, con Alagna e il massiccio del Monte Rosa, rappresenta un osservatorio privilegiato per comprendere gli effetti del cambiamento climatico. In questo contesto, il Ghiacciaio di Indren, a quota 3.200 metri, è uno dei luoghi più emblematici: il suo rapido arretramento è testimonianza diretta della crisi che interessa l’intero arco alpino. Da qui la sua scelta per questa edizione del CFC, quale luogo simbolico per sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno che riguarda al contempo la scienza, le comunità locali e il futuro delle Alpi.
Negli ultimi 150 anni i ghiacciai alpini hanno perso circa il 65% del loro volume complessivo, con un’accelerazione senza precedenti negli ultimi decenni. In particolare, negli ultimi 60 anni l’Italia ha perso un’area glacializzata di oltre 170 chilometri quadrati, equivalente alla superficie del Lago di Como. L’Indren, come altri ghiacciai del Monte Rosa, mostra un arretramento marcato e una riduzione di spessore di diversi metri.
In generale, secondo le proiezioni, entro il 2050 le Alpi perderanno almeno un terzo della loro massa glaciale anche in scenari di mitigazione; negli scenari più realistici la perdita potrà raggiungere il 60-65%. E, come noto, la fusione glaciale accelera l’instabilità dei pendii, delle morene e la degradazione del permafrost aumentando il rischio di frane, crolli e la formazione di laghi glaciali instabili. 
Lo scenario che abbiamo davanti è pertanto decisamente preoccupante. Tuttavia, alcuni dati positivi, danno ragione di sperare.
Come emerso dalla stessa presentazione del prof. Mario Grosso (nel corso dell’incontro che si è svolto sabato pomeriggio), a livello globale, si sta assistendo a un incremento della produzione di energia elettrica rinnovabile: paesi come l’Australia, la Cina, diversi Stati della stessa Europa stanno investendo massicciamente in energie rinnovabili, contribuendo a ridurre in prospettiva, in modo importante, le emissioni di CO2. 
“In questa edizione della CFC" ha dichiarato il prof. Mario Grosso "oltre a prendere atto della drammatica situazione dei nostri ghiacciai che, tra le altre cose, comporta anche conseguenze sulla cosiddetta “identità dei luoghi”, come Politecnico abbiamo cercato di trasmettere qualche messaggio positivo, che aiuti le Università a portare avanti una narrazione di speranza per il futuro”.