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Quando le passioni diventano una professione: intervista a Silvia Barattieri

Coniugare impegno sociale e visione strategica è la sfida che guida il percorso di Silvia Barattieri, oggi Responsabile dei Servizi Pari Opportunità e Innovazione e Responsabilità Sociale. Da sempre attenta ai temi della parità di genere, dell’inclusione e della valorizzazione dell’unicità di ogni persona, in questa intervista ci racconta come è riuscita fare di questi principi il cuore della sua attività professionale, contribuendo a trasformare l’Ateneo in un ambiente sempre più equo, consapevole e sostenibile.

Donna dalla carnagione chiara,mora con capelli di media lunghezza con cchi marroni e sorridente. indossa degli orecchini pendenti, un orologio e una camicia senza maniche nera. sullo sfondo, delle finestre ad arco, una balconata interna sui toni del bianco.
Data di pubblicazione

Coniugare impegno sociale e visione strategica è la sfida che guida il percorso di Silvia Barattieri, oggi Responsabile dei Servizi Pari Opportunità e Innovazione e Responsabilità Sociale. Da sempre attenta ai temi della parità di genere, dell’inclusione e della valorizzazione dell’unicità di ogni persona, in questa intervista ci racconta come è riuscita fare di questi principi il cuore della sua attività professionale, contribuendo a trasformare l’Ateneo in un ambiente sempre più equo, consapevole e sostenibile.

“Mi impegno a coltivare relazioni fondate sulla fiducia, comunicando con chiarezza e rispetto, e assicurandomi che ogni persona si senta pienamente coinvolta nel progetto, mantenendo - al contempo - alti standard di qualità nel nostro lavoro."

Silvia Barattieri, Responsabile dei Servizi Pari Opportunità e Innovazione e Responsabilità Sociale

Raccontaci il tuo percorso. Come sei arrivata al Politecnico di Milano?

Mi sono laureata in Storia nel 2004 e ho conseguito un PhD nel 2010 nello stesso ambito. 

Durante gli anni del dottorato, comincio a muovere i miei primi passi nel mondo della comunicazione: prima all’interno di una redazione giornalistica, e poi come addetta stampa per il Comune di Milano. Nel 2012, mentre ero alla ricerca di una nuova direzione professionale, vengo a conoscenza di una posizione aperta al Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano. Inizio così il mio percorso in Ateneo occupandomi della gestione del dottorato di ricerca, che in quegli anni cominciava a registrare una crescita significativa.

Quando ti avvicini ai temi di diversità, equità e inclusione (DEI)?

Fin dai tempi dell’università ho sempre nutrito un forte interesse per le tematiche di parità di genere, diversità, equità e inclusione (DEI). Nel 2018, ho colto l’opportunità di avvicinarmi a questi temi in maniera concreta: in quel periodo il Comitato Unico di Garanzia – l’organismo che si occupa di promuovere le pari opportunità e tutelare il benessere di chi lavora in Ateneo - stava per concludere il suo mandato. Decido quindi di candidarmi e, dopo una campagna elettorale intensa e partecipata, vengo eletta vicepresidente: ricordo quel periodo come un’esperienza preziosa, che mi ha permesso di conciliare l’attività lavorativa con le mie più grandi passioni.

E la svolta come arriva?

Il vero punto di svolta è arrivato nel 2019, con la nascita del Servizio Pari Opportunità di Ateneo, all’interno dell’Area Campus Life. Quando si è aperta la selezione interna per assegnare il coordinamento del nuovo Servizio, ho subito pensato: “Questa è la mia occasione” – e così è stato. Dopo aver vinto la selezione, ho cominciato a immaginare concretamente cosa volesse dire gestire, ma anche un po’ costruire un servizio da zero. Abbiamo ridefinito, insieme alla governance politica e in particolare all’allora prorettrice, prof.ssa Sciuto, e alla dirigente di Area, le linee strategiche sulle pari opportunità, raccogliendo e mettendo a sistema le iniziative già attive in Ateneo – su tutte POP – Pari Opportunità Politecniche –  affiancandole con nuovi progetti e ambiti di intervento. 

Cosa si intende per Pari Opportunità al Politecnico di Milano?

Per noi, promuovere le pari opportunità significa prima di tutto garantire che ogni persona all’interno della nostra comunità si senta rispettata, accolta e valorizzata per la propria unicità. Il nostro impegno si traduce in iniziative concrete, pensate per abbattere stereotipi radicati e contrastare ogni forma di discriminazione, con una particolare attenzione al benessere complessivo delle persone, sia sotto il profilo fisico che psicologico. I principali ambiti su cui lavoriamo includono la parità di genere, il supporto alla genitorialità e all’equilibro tra vita professionale e privata, i diritti LGBTQI+, le disabilità e le neuro-divergenze, la multiculturalità e il supporto psicologico.

Come ti sei preparata al nuovo incarico?

Ho ricominciato a formarmi e mi sono posta in ascolto. Avevo già solide basi sui temi della parità di genere e della diversità, ma c’erano ambiti come la disabilità, e i Disturbi Specifici dell’Apprendimento che ancora non conoscevo in modo approfondito. L’Ateneo mi ha supportata molto in questo percorso, dandomi l’opportunità di approfondire sia contenuti specialistici che competenze trasversali. Ma la vera scuola è stata l’esperienza sul campo: ho imparato a mediare, a costruire relazioni con diversi interlocutori, a gestire un budget e, soprattutto, ad assumermi la responsabilità di far crescere le persone che lavorano con me.

E di recente hai anche assunto nuove responsabilità…

Sì, nel 2023 mi è stata affidata anche la guida ad interim del Servizio Innovazione e Responsabilità Sociale, che si occupa di progetti che portano la didattica e la ricerca fuori dai confini dell’Ateneo, con l’obiettivo di coinvolgere territori e realtà spesso ai margini della società. Anche in questo caso ho dovuto mettermi in gioco su temi e relazioni nuove, in contesti molto diversificati. 

Cosa ti appaga di più del tuo lavoro?

Sono nella condizione più fortunata in cui una persona possa trovarsi personalmente e lavorativamente parlando: coniugando la dimensione professionale con le mie passioni, riempio di senso il mio lavoro e la mia vita. Mi appaga molto sapere di poter contribuire, anche in minima parte, a creare un ambiente più consapevole e rispettoso. 

Entrata al Politecnico, non immaginavo che avrei intrapreso una carriera così significativa, soprattutto in questo ambito. È stato un percorso nato un po’ per fortuna, un po’ per audacia e tanta voglia di crescere.

Hai affrontato delle difficoltà lungo il percorso?

Non ho mai avuto paura del nuovo, anzi, le sfide sono sempre state una spinta per me. Però devo ammettere che l’inizio è stato tutt’altro che semplice. Sono stata nominata Capo Servizio a marzo 2020, proprio quando la pandemia stava cambiando tutto. È stato un momento di grande gioia, ma anche di profonda incertezza: mi sono trovata a gestire il passaggio di consegne e a costruire un nuovo servizio completamente da remoto, e non nego di aver attraversato qualche momento di sconforto. 

Ti capita ancora di incontrare degli ostacoli?

Sì, gli ostacoli non mancano, e uno dei principali è quello culturale. Più che vere e proprie resistenze, spesso mi trovo di fronte a una conoscenza ancora superficiale di certi temi, che può facilmente sfociare in disinteresse o sottovalutazione. Un esempio? L’uso del femminile per le professioni — come “ingegnera” o “architetta” — che ancora oggi suscita reazioni, anche involontarie, di sorpresa o rifiuto. In un contesto socio-politico internazionale in cui l’attenzione alle politiche di inclusione, soprattutto su genere e diritti LGBTQI+, ma anche in ambiti come disabilità e multiculturalità, sembra affievolirsi, questa sfida si fa ancora più complessa. Nonostante questo, il Politecnico continua a distinguersi come punto di riferimento, mantenendo le pari opportunità e l’inclusione come pilastri del proprio piano strategico.

Ma hai avuto anche tante soddisfazioni…

Se penso a cinque anni fa, credo proprio che abbiamo fatto un ottimo lavoro: la consapevolezza all’interno della comunità accademica sui temi della DEI è cresciuta notevolmente, e con essa è aumentato anche il riconoscimento del nostro lavoro da parte dell’Ateneo. È un risultato di cui sono davvero orgogliosa. Anche merito del contesto in cui lavoriamo: un ambiente aperto al dialogo, dove c’è spazio per l’ascolto, il confronto e la sperimentazione di nuove idee. Come responsabile, cerco ogni giorno di ricreare questo stesso clima anche all’interno del mio Servizio.

Cosa vuol dire per te guidare un team?

Per me significa mettere al centro le persone e il loro benessere, creando un ambiente in cui ciascuno possa sentirsi valorizzato e supportato nel proprio percorso di crescita. Mi impegno a coltivare relazioni fondate sulla fiducia, comunicando con chiarezza e rispetto, e assicurandomi che ogni persona si senta pienamente coinvolta nel progetto, mantenendo al contempo alti standard di qualità nel nostro lavoro. Credo molto nel potere della formazione come strumento di valorizzazione, e cerco sempre di offrire occasioni concrete per far crescere le competenze di chi lavora con me.

Come ti immagini il futuro del Servizio e delle pari opportunità?

Guardando al futuro, mi piacerebbe vedere sempre più uomini coinvolti in queste tematiche. Oggi il nostro Servizio è quasi tutto al femminile, e credo sia importante costruire un team più equilibrato dal punto di vista di genere. Sarebbe un segnale concreto di cambiamento e un passo importante per contribuire a superare la segregazione di alcuni ambiti professionali, ancora troppo spesso divisi tra uomini e donne.

Che consiglio daresti a una/un giovane che vuole intraprendere un percorso come il tuo?

Il mio consiglio è di non avere paura a mettersi in gioco. Le opportunità non bussano alla porta da sole, serve farsi avanti, dimostrando impegno, motivazione e una solida preparazione. Con il tempo, la competenza e la costanza saranno riconosciute.